ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 25 novembre 2016

A Venezia i libri di Chanel, «la donna che legge»

«La vita che conduciamo non è mai granché, la vita che sogniamo è invece la grande esistenza, perché la continueremo oltre la morte»: è questo appunto vergato a mano da Gabriel Chanel ad aprire il percorso della mostra «Culture Chanel. La donna che legge», allestita fino all’ 8 gennaio a Venezia, negli spazi di Ca’ Pesaro, per la curatela di Jean-Louis Froment e di Gabriella Belli.
L’esposizione, che ripercorre il vissuto creativo della stilista francese a partire dal suo amore per i libri, fa parte di un ben più ampio progetto espositivo che, a partire dal 2007, ha toccato le città di Mosca, Shanghai, Pechino, Canton, Parigi e Seul raccontando, ogni volta da una prospettiva inedita e sorprendente, la vita di mademoiselle Chanel, una delle donne più affascinanti del XX secolo.
Questo settimo episodio evoca l’universo creativo della stilista francese nell’ottica inedita del suo rapporto con il libro e la lettura. Dai classici greci ai poeti moderni, la fornitissima biblioteca della donna svela opere che hanno segnato la vita e modellato la sua personalità. Non a caso Roland Barthes scrisse, nel 1967: «se apriste oggi una storia della nostra letteratura dovreste trovarvi il nome di un nuovo autore classico: Coco Chanel. Chanel non scrive con carta e inchiostro (salvo nel suo tempo libero) ma con tessuti, forme e colori; ciò non toglie che le si attribuiscano comunemente l’autorità e lo stile di uno scrittore del Grand siècle, elegante come Racine, giansenista come Pascal (da lei citato), filosofo come La Rochefoucauld (che lei imita inventando le proprie massime), sensibile come Madame de Sévigné... ».
Nell’appartamento della stilista al 31 di rue Cambon, di fronte agli scaffali di libri, si trovano le iscrizioni dei pannelli di lacca di Coromandel, presenza rassicurante degli scritti che la accompagnano e le rivelano ciò che può significare la costruzione della propria opera. È, infatti, nel silenzio della lettura che Coco Chanel apre gli occhi sul mondo e questo le permette, al contempo, di fuggire da esso, di sognare il suo destino, di costruire se stessa trovando nelle opere, gelosamente custodite, la forza e i mezzi per scrivere la propria leggenda
Dalla solitudine degli anni trascorsi nell’orfanotrofio di Aubazine fino alla fine dei suoi giorni, i libri e i loro autori guidano la traiettoria di Gabrielle Chanel, nutrono il suo immaginario, rispondono al suo bisogno di una ricerca mistica dell’invisibile e, soprattutto, le mostrano come iscrivere nel tempo la propria visione del mondo.
Questo dialogo attraverso le epoche, che va dall’antichità fino ai contemporanei, è costellato in particolare di riferimenti alle opere di Omero, Platone, Virgilio, Sofocle, Lucrezio, Dante, Montaigne, Cervantes, Madame de Sévigné, Stéphane Mallarmé, ed entra in risonanza con gli autori che lei ha frequentato e apprezzato, come lo stesso Pierre Reverdy, Max Jacob o Jean Cocteau.
Questa diversità le permette di trovare nella sua scrittura - quella della moda- una modernità che sfida la propria temporalità e si proietta ben oltre.
È a Venezia, uno dei principali luoghi d’ispirazione di Gabrielle Chanel, che il pubblico scoprirà per la prima volta la sua biblioteca. Attorno a questo nucleo centrale, la mostra gioca sulle analogie, le corrispondenze visive che mettono in luce da una prospettiva contemporanea la relazione di Chanel con i libri e la scrittura, in particolare quella poetica, che trova degli echi nella concezione della sua creazione. Dediche, archivi, fotografie, quadri, disegni si mescolano con un vestiario di creazioni di moda che svelano, al pari di una biblioteca, il vocabolario estetico di Gabrielle Chanel, il suo gusto per il classicismo e per il barocco, l’amore per la Russia e per gli ori di Venezia.
Oggetti d’arte provenienti dal suo appartamento parigino sono esposti, per la prima volta, insieme a gioielli e a profumi. Trecentocinquanta manufatti ricostruiscono così il ritratto intimo di una creatrice che ha saputo fare della propria vita una leggenda, o meglio una storia da romanzo.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Douglas Kirkland, Ritratto di Gabrielle Chanel sul suo divano, mentre guarda la sua biblioteca, luglio 1962. Fotografia. Collezione Douglas Kirkland, Los Angeles. © Douglas Kirkland; [fig. 2] Jean Moral, Gabrielle Chanel sul suo divano in daino beige dai cuscini imbottiti, 1937. Fotografia. Collezione privata. © Photo Jean Moral/Brigitte Moral; [fig. 3] Thierry Depagne, Biblioteca di Gabrielle Chanel, 2013. Fotografia. Collezione Patrimonio di Chanel, Parigi. © Thierry Depagne; [fig. 4] Jean Cocteau, Coco Chanel, circa 1930. Disegno a matita, 48x32,5 cm. Collezione Stéphane Dermit, deposito presso la casa Jean Cocteau, Milly-la-Forêt. © ADAGP Paris, 2016. Con la gentile autorizzazione di Pierre Berger, Presidente del Comitato Jean Cocteau

Informazioni utili
«Culture Chanel. La donna che legge». Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna, Santa Croce 2076 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00–18.00, chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: www.capesaro.visitmuve.it. Fino all' 8 gennaio 2017. 

giovedì 24 novembre 2016

Teatro, è on-line il bando di «In-Box» e ci sono 52 motivi per partecipare

È on-line da pochi giorni il bando del progetto «In-Box 2017», ideato da Straligut Teatro con la collaborazione di più di quaranta partner distributi su tutto il territorio nazionale, tra i quali si segnalano il Mibact e il Fit – Festival internazionale del teatro e della scena contemporanea di Lugano (primo soggetto estero ad entrare nella rete).
La nona edizione del concorso, le cui candidature potranno essere inviate fino al prossimo 11 gennaio, mette in palio cinquantadue repliche da distribuire tra sei spettacoli.
A fine novembre uscirà, poi, il bando di «In-Box Verde» dedicato al teatro per le nuove generazioni, con più di venti date da assegnare agli spettacoli in gara (la cifra è in via di definizione); mentre a maggio Siena ospiterà «In-Box dal vivo», fase finale e decisiva di selezione degli spettacoli finalisti. È dal 2014 che si tiene questa rassegna grazie alla quale una rosa selezionata di compagnie riesce a mettere in scena test decisivo tramite il quale la giuria deciderà come distribuire le repliche in palio.
integralmente i propri spettacoli di fronte alla stampa e agli operatori, dopo una prima valutazione dei lavori presentati su video, schede e biografie. Una grande occasione di visibilità, questa, per le compagnie ospitate, ma anche un
Attraverso otto edizioni (2009-2016), «In-Box» è diventato un appuntamento fisso nell'agenda teatrale italiana, atteso dalle compagnie perchè in grado di toccare uno dei nervi scoperti del sistema: la possibilità di circuitare, di mostrare il proprio lavoro in contesti adeguati, incontrando pubblici molto diversi fra loro e di farlo vedendone riconosciuta la dignità economica (tutte le repliche messe in palio da «In-Box» sono a cachet).
Alle otto edizioni del bando hanno partecipato circa duemila proposte, sono stati selezionati ventuno spettacoli e distribuite più di centoottanta repliche.
Ma che cosa significa emergente per «In-Box»? Non solo giovane o nuovo: lo scandaglio della rete è, infatti, volto a individuare opere dall'alto livello artistico cui non corrisponde l'adeguata visibilità presso operatori, stampa e pubblico.
Anche l'edizione 2017, dunque, pone al centro il sostegno concreto alle compagnie emergenti: repliche a cachet fisso (con tre fasce di prezzo a seconda delle esigenze della compagnia), visibilità, confronto col pubblico, trasparenza nelle condizioni contrattuali.
Come di consueto, tutte le operazioni necessarie all'iscrizione al bando «In-Box» dovranno essere svolte dalle compagnie su Sonar (www.ilsonar.it), motore di ricerca del teatro emergente italiano, ma anche community e marketplace, sul quale sono iscritte 1709 compagnie, 1731 spettacoli e 279 operatori.
Ideata e gestita da Straligut Teatro, la piattaforma offre ai propri utenti una serie di strumenti finalizzati ad agevolare l’incontro fra la domanda e l’offerta teatrale.
Recentemente Sonar ha messo a punto un sistema di compravendita che garantisce agli artisti l’anticipo dei pagamenti (i cachet saranno pagati entro sette giorni lavorativi dalla replica), mentre, a coloro che intendono acquistare gli spettacoli, il portale offre una comoda interfaccia che guida gli utenti dalla scelta delle date, fino alla creazione dei contratti.

Informazioni utili
«In-Box 2017». Iscrizioni: fino alle ore 12 dell’11 dicembre 2016. Informazioni utili: Straligut Teatro - In-Box, tel. 0577.374025, e-mail: info@inboxproject.it. Sito internet: www.inboxproject.it.

mercoledì 23 novembre 2016

«United Street Pianos», a Ca’ Pesaro di Venezia arriva «Cecilia»

La festa di Santa Cecilia, patrona della musica e di tutti i musicisti, ha portato a Venezia, negli spazi della Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro, il pianoforte «Cecilia», il primo street pianos in un museo italiano.
Ideato dalla cantante e pianista Sofia Taliani, «United Street Pianos» è un progetto che prevede la collocazione di pianoforti da strada in spazi pubblici e fruibili da tutti, a disposizione di chiunque voglia suonare.
L’iniziativa prende ispirazione da «Play Me, I’m Yours», opera dell’artista britannico Luke Jerrama, che ha portato dal 2008 oltre millecinquecento pianoforti in cinquanta città del mondo, da Londra a New York, e che al momento conta cinque esemplari ancora a disposizione del pubblico internazionale.
Sofia Taliani ha donato a Ca’ Pesaro un pianoforte da strada, che entra, dunque, a far parte della famiglia «United Street Pianos» diffusa nel nostro Paese: dalla stazione di Venezia, che ospita il pianoforte «Lucy», ad altri spazi pubblici italiani nelle città di Milano, Torino, Firenze, Roma e Napoli.
È la prima volta che un museo accoglie un pianoforte da strada, e Ca’ Pesaro ha voluto dedicare questo arrivo al progetto «Venezia. Città delle donne», che vede impegnata la Fondazione musei civici di Venezia nella promozione della storia e della cultura femminile a Venezia e non solo.
Lo street piano è collocato nell’androne al piano terra del museo, a disposizione dei presenti e di tutti i visitatori e fruitori della Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro.
Il Servizio attività educative del Muve è già al lavoro per proporre interessanti coinvolgimenti di «Cecilia» nelle attività che si susseguono durante l’anno per le scuole, le famiglie e il pubblico.

La Fondazione musei civici e Ca’ Pesaro invitano la città tutta, i cultori e gli amanti del pianoforte e della musica in generale, inclusi i principianti e chiunque voglia cimentarsi con «Cecilia», a proporre attività o anche solo animare il museo, diffondendo in questo modo la cultura della musica e della condivisione di spazi aperti e a disposizione della collettività.

Informazioni utili
unitedstreetpianos.weebly.com

martedì 22 novembre 2016

«Horse and Rider», a Milano un'opera attribuita a Leonardo

È un singolare omaggio a Leonardo da Vinci quello che propone, dal prossimo 25 novembre, il Palazzo delle Stelline di Milano, nella sede dell’Institut Francais, con la mostra «Horse and Rider», per la curatela di Ernesto Solari, nella quale viene esposta per la prima volta in Italia l’omonima opera scultorea che Carlo Pedretti ha attribuito nel 1985 al maestro toscano.
Destinata a far parlare di sé per l’incertezza dell’attribuzione, messa in discussione tra gli altri da Vittorio Sgarbi e Pietro Maraini, la rassegna lombarda presenterà, accanto a un ampio corredo di materiali documentari come stampe e illustrazioni, anche una seconda scultura del genio fiorentino, la «Testicciola di terra», che presenta elementi comuni alla prima: entrambi i lavori provengono da collezioni private, non sono mai stati esposti in Italia, e portano una particolare firma -una L maiuscola e una V rovesciata-: una sigla, questa, ideata dal genio vinciano, riscontrata su un foglio del Codice Ashburnam.
Quello dell’opera «Horse and Rider» è di fatto un ritorno a casa. Il lavoro verrà, infatti, esposto in uno dei perimetri cittadini più frequentati da Leonardo durante il suo soggiorno milanese: il maestro lavorava assiduamente al cantiere del Cenacolo e, nel tempo libero, attraversava la strada per raggiungere la Casa degli Atellani, confinante proprio con l’attuale Palazzo delle Stelline, dove si rilassava passeggiando tra i filari della vigna donatagli da Ludovico il Moro nel 1498. La stessa vigna gli fu, poi, confiscata dal re di Francia nel 1502 e, infine restituitagli, nel 1507, dal Governatore francese Charles D’Amboise, suo amico ed estimatore, al quale è dedicata l’opera scultorea «Horse and Rider».
La scultura, datata tra il 1508 e il 1511, è un piccolo bronzo realizzato dal modello in cera leonardesco, che raffigura l’importante uomo politico d’Oltralpe fiero e altero in sella al suo destriero. Stando alla ricostruzione storica, il ritratto di Leonardo passò dalle mani dell’allievo Francesco Melzi ai suoi eredi, da una collezione privata milanese a una romana, fino agli anni Ottanta del Novecento quando ne fu ricavato uno stampo in gesso dall'originale in cera e, più tardi, una fusione in bronzo acquistata dai collezionisti americani Jim Petty e Rod Maly, in arrivo a Milano per presentare questo controverso pezzo della loro collezione.
«L’opera -raccontano gli organizzatori dell’evento- è un autentico capolavoro, non solo perché portatore di grande espressività, forza realistica e naturalezza, dovute alle profonde conoscenze anatomiche, umane e naturalistiche del vinciano, ma anche perché è l’unico modello di monumento equestre di Leonardo giunto fino a noi».
L’altra opera in mostra, «Testicciola di terra», raffigura, invece, il giovane Salaì, allievo e compagno di Leonardo, nei panni di un giovanissimo Giudeo o volto di Cristo fanciullo; anch’essa, realizzata verso la fine del XV secolo (1497-99), sarebbe siglata di proprio pugno dal maestro.
L’esposizione presenta, dunque, due opere di grande fascino e bellezza, capaci –secondo gli organizzatori- di «far scoprire e conoscere un nuovo mistero legato, con molta probabilità, a tutta l’opera scultorea di Leonardo, che potrebbe condizionare i prossimi studi e le future attribuzioni».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Horse and Rider, fronte, 1508-11 (bronzo 19x25), collezione privata; [fig. 2] Horse and Rider, stampi per il modello in cera e la fusione; [fig. 3] Testicciola di terra, lato 1, 1500 (terracotta 18,5x24), collezione privata

Informazioni utili
«Horse and Rider». Institut Francais - Palazzo delle Stelline, corso Magenta, 63 – Milano. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00. Ingresso libero. Sito internet: www.davincihorseandrider.com. Dal 25 novembre al 23 dicembre 2016

lunedì 21 novembre 2016

Giacomo Balla e Torino, un artista e la sua città natale

Giacomo Balla e Torino: racconta il legame tra la città della Mole e il pittore futurista, le cui ricerche su colore, ritmo e movimento sono state al centro del dibattito artistico nei primi decenni del Novecento, la nuova mostra che la Gam – Galleria d’arte moderna di Torino ospita negli spazi della sua Curata da Virginia Bertone con un giovane allievo della Normale di Pisa, Filippo Bosco, l’esposizione offre un ritratto della scena artistica torinese fin de siècle in relazione alla formazione e alle amicizie dell’artista, che sotto il profilo professionale si affermerà poi a Roma all’inizio del Novecento.
La rassegna, visitabile fino al 27 febbraio, allinea per la prima volta una serie di rare fotografie di Mario Gabinio che documentano la realtà povera dei sobborghi torinesi, e in particolare del quartiere Rubatto, dove nacque l’artista, Accanto a queste immagini sono visibili il «Ritratto di Olimpia Oytana Barucchi» di Giacomo Grosso, lo studio di Giacomo Balla per il «Ritratto di Clelia Ghedini Marani», oltre a opere di Federico Boccardo, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Pilade Bertieri, Felice Carena e Antonio Maria Mucchi.
Il percorso espositivo prende avvio dalla sua frequentazione dei corsi all’Accademia Albertina (1886-1891), scelta che appare decisiva per un artista che sarà sempre consapevole dei suoi mezzi tecnici e non secondario in tal senso è l’autorevole insegnamento di Giacomo Grosso, che si afferma in quegli anni come figura centrale della scena accademica torinese.
La difficile situazione familiare ed economica impone al giovane Balla esperienze lavorative nel mondo della tecnica, che saranno importanti tanto quanto l’educazione artistica: dapprima dal litografo Pietro Cassina e poi nell’importante studio di Paolo (Pietro) Bertieri; qui l’artista approfondisce la pratica della fotografia cui lo aveva già avviato la passione autodidatta del padre.
L’amicizia con il figlio di Bertieri, Pilade, lo introduce nell’ambiente dei giovani artisti torinesi, che si individuano proprio come la generazione degli allievi di Grosso. Ricerche pittoriche isolate e singolari di coetanei di Balla, come gli interni intimisti di Federico Boccardo e soprattutto le analitiche vedute urbane di Francesco Garrone, sono esempi utili ad arricchire il panorama torinese. Questo era caratterizzato dalla pittura di paesaggio e da quella accademica: un particolare rilievo per l’artista assume la conoscenza di Giuseppe Pellizza da Volpedo, importante riferimento per il divisionismo che poi adotterà a Roma.
Il trasferimento a Roma nel 1895 non gli consente che una prima timida apparizione pubblica, con un acquerello non identificato, all’Esposizione della Promotrice di Belle arti nel 1891.

Non partecipa, dunque, alle grandi rassegne nazionali di fine secolo, nelle quali si profila la nuova generazione dei giovani torinesi, tutti allievi di Giacomo Grosso. È con questi artisti che può essere confrontata la prima produzione romana di Balla, che nel 1902 mandava da Roma un’opera alla Prima Quadriennale. Oltre a Pilade Bertieri, si tratta di Felice Carena, Antonio Maria Mucchi, Luigi Onetti, Mario Reviglione, Domenico Buratti.
Il fondamentale incontro con l’arte internazionale a Parigi nel 1900, la vivace ricerca di una modernità della pittura, la forte istanza sociale nelle opere di questi artisti, l’impatto positivo della torinese Esposizione d’arte decorativa moderna del 1902 sono tutti elementi presenti nel Giacomo Balla pre-futurista.
Questa mostra alla Gam permette, dunque, di recuperare una pagina importante e ben specifica della storia artistica di Torino, troppo a lungo dimenticata, ma è anche un’occasione per comprendere i successivi sviluppi artistici del pittore futurista, al centro in questi giorni di una rassegna promossa dalla Fondazione Ferrero ad Alba.

Informazioni utili 
Protoballa. La Torino del giovane Balla. Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì | la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino tel. 011.4429518, segreteria tel. 011.4436907, e-mail gam@fondazionetorinomusei.it. Sito internet: www.fondazionetorinomusei.it. Fino al 27 febbraio 2017.