ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 17 novembre 2010

Da Segundo de Chomón a Jacques Tati: Roma accende i riflettori sul cinema restaurato

Cappello in testa, ombrello in mano, pipa in bocca, pantaloni dall'orlo troppo corto e buffi calzini a righe: lo stralunato e maldestro monsieur Hulot mette il suo vestito d'ordinanza e compare sul grande schermo di villa Medici. Quasi in contemporanea con l'uscita nelle sale italiane del film L'illusionista di Sylvain Chomet, ispirato a un soggetto di Jacques Tati (1907–1982), la storica ed elegante sede dell'Accademia di Francia in Roma apre le proprie porte, o meglio la sala cinema Michel Piccoli, a una panoramica filmica dedicata all'autore di Mon oncle (1958) e Playtime (1967), maestro del genere comico-burlesco alla cui lezione hanno guardato, tra gli altri, Jerry Lewis, il primo Woody Allen e Maurizio Nichetti.
In occasione della prima edizione di Re-Visioni, rassegna sul grande cinema restaurato e sul tesori ritrovati del patrimonio cinematografico europeo, in programma nella capitale da venerdì 19 a domenica 28 novembre, gli spazi di viale Trinità dei Monti ospiteranno, infatti, Omaggio a Jacques Tati, iniziativa che ripropone quattro film tra i sei lungometraggi e i tre cortometraggi, realizzati dal regista d'Oltralpe negli anni compresi tra il 1947 e il 1974.
Ad aprire la rassegna sarà la proiezione della pellicola Les vacances de monsieur Hulot (venerdì 19, ore 21.00 e domenica 21, ore 21.00), girata nel biennio 1951-'53 e restaurata nel 2009 grazie alla collaborazione di Groupama Gan e di Technicolor, uniche due fondazioni attive nel settore cinematografico in Francia. In queste sequenze -poetico ed elegante bianco e nero sonoro e non parlato- il cineasta di Le Pecq ironizza sulla ritualità codificata delle vacanze estive vissute dalla borghesia francese negli anni Cinquanta, attraverso la figura del goffo e pressoché taciturno monsieur Hulot. Un tipo fisso, questo, del cinema di Jacques Tati, quasi certamente recuperato dai modelli della comicità muta di Buster Keaton e Charlie Chaplin, che ritroveremo in altre due pellicole in programmazione a Re-Visioni: Mon oncle (sabato 20, ore 19.30 e martedì 23, ore 19.00) del 1958, Gran premio della giuria al Festival di Cannes e Oscar per il miglior film straniero nel 1959, e Playtime (sabato 20, ore 21.00 e lunedì 22, ore 19.00) del 1967.
L'omaggio che l'Accademia di Francia in Roma dedica a Jacques Tati, del quale ogni mattina le scuole potranno scoprire il suo mondo spassoso e pieno di ironia, prevede, inoltre, la proiezione di Jour de féte (domenica 21, ore 10.30 –appuntamento per i più piccoli, dai 6 anni in su- e ore 19.00 e lunedì 22, ore 21.00), film del 1949, premiato alla Mostra del Cinema di Venezia per la miglior sceneggiatura, con il quale il cineasta si fece conoscere al grande pubblico grazie alle esilaranti gag di François, postino di un “paesotto” della provincia francese che, ammaestrato da un cinegiornale sul dinamismo del servizio postale americano, invano cercherà di imitarne la velocità nella consegna delle lettere, ostacolato dal mezzo di trasporto usato: una vecchia bicicletta, con la quale, tra le risate degli spettatori, si ritroverà persino tra i corridori di una gara ciclistica.
Questo film, la cui proiezione sarà anticipata dalla rassegna Una memoria in corto (domenica 21, ore 16.00) con cinque documentari di e su Jacques Tati, verrà presentato nella versione inedita a colori del 1964, il cui restauro è stato realizzato nel 1995 sotto la supervisione di François Ede e Sophie Tatischeff. Un restauro, questo, del quale sarà possibile scoprire tutti i segreti nella tavola rotonda Parlons Tati (sabato 20, ore 16.00), durante la quale Jérôme Deschamps, responsabile di Les Films de Mon Oncle, si confronterà con tre rappresentati di fondazioni che, negli ultimi dieci anni, hanno riportato a nuova vita il lavoro del grande maestro della comicità burlesca: Séverine Wemaere della Technicolor pour le Patrimoine du Cinéma, Gilles Duval della Groupama Gan pour le Cinéma, e Davide Pozzi, direttore dell’Immagine Ritrovata di Bologna.
La prima edizione del festival Re-visioni non terminerà, però, con l'omaggio a Tati e al suo cinema brillante e poetico, intelligente e garbatamente comico, tutto incentrato sui paradossi di una società che si sta modernizzando e che fa fatica a capire la modernità stessa. La rassegna romana prevede, infatti, altre due iniziative: Carta bianca ed Extra. La prima proporrà la visione di cinque grandi opere restaurate del patrimonio cinematografico mondiale, tre delle quali fanno parte degli Archives Françaises du Film, al cui interno sono conservate oltre 10.000 copie appartenenti al patrimonio filmico europeo: Lola di Jacques Demy (martedì 23, ore 21.00 e domenica 28, ore 19.00), Les anges du péché di Robert Bresson (mercoledì 24, ore 21.00 e domenica 28, ore 21.00) e La bandera di Julien Duvivier (giovedì 25, ore 19.00). Le altre due pellicole in programmazione sono, invece, state ristampe in copia nuova e si tratta dei film Il club dei 39 (venerdì 26, ore 19.00) di Alfred Hitchcock e di Serpico (sabato 27, ore 21.00) di Sidney Lumet, con il quale Al Pacino dimostra una prova d’attore che gli vale il premio Donatello come migliore attore straniero e il Golden Globe nel 1974.
Più cospicua la sezione Extra, che propone una vera e propria immersione nelle origini del cinema muto e, più nello specifico, del cinema d’animazione degli inizi del '900, periodo nel quale un pugno di artisti esplorarono le possibilità creative del disegno animato e della sua proiezione. Il primo appuntamento (mercoledì 24, ore 19.00 e venerdì 26, ore 21.00), in programma nel Grand Salon di Villa Medici, è con i pionieri del genere. Durante l'incontro verranno presentati, sulle note del pianoforte di Jacques Cambra, dieci cortometraggi, oggi patrimonio degli Archives Françaises du Film, che sono stati realizzati tra il 1909 e il 1929 da geni creativi quali Émile Cohl, Segundo de Chomón, Robert Lortac, Albert Mourlan, Marius o’Galop. Questi artisti esplorarono diverse tecniche di animazione, dando forma e vita, oltre che al classico disegno animato, a pezzi di carta ritagliata, a marionette, sculture e oggetti vari. E con la loro arte documentarono campagne di prevenzione contro la tubercolosi e la sifilide, per le pubblicità di bevande alcoliche, vetture e sigarette e per la propaganda contro il regime tedesco durante la Grande guerra.
La seconda sezione di Extra sarà, invece, incentrata sulla figura di Segundo de Chomón (1871-1929), regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, pioniere del cinema a colori, costruttore di macchine da presa, creatore di nuovi generi del cinema di animazione, ma soprattutto inesauribile inventore di trucchi e di effetti speciali. La sua figura, ancora poco conosciuta in Italia (il suo nome nel nostro Paese rimane legato solo agli effetti speciali di Cabiria), è fondamentale per scrivere le tappe più importanti dei primi anni della storia del cinematografo: «Chomón –si legge nell’elegante ed esaustivo libretto che accompagna il festival- era a Parigi nel 1895 quando al Grand Cafè nel Boulevard des Capucines i fratelli Lumière tennero la prima proiezione pubblica, era con la Pathé all’inizio del secolo, sperimentando l’opportunità di lavorare nella prima vera industria cinematografica, era nell’Itala Film di Torino con Pastrone a dare corpo al monumentale progetto di Cabiria, era ancora in Francia nel 1926 con Gabel Gance per il suo Napoléon, immenso laboratorio di sperimentazione e ricerca a tutti i livelli della tecnica cinematografica».
Re-Visioni omaggia questa grande figura del cinema muto con L’arte dei trucchi (giovedì 25, ore 21.00) proiezione di otto brevissimi corti ottenuti grazie alla Cinémathèque Française e alla Filmoteca de Catalunya, e con la rassegna I restauri del Museo nazionale del cinema (sabato 27, ore 21.00), presentazione di tre preziosissimi cortometraggi restaurati, con la rimusicazione dal vivo di Emanuele Bultrini: Le spectre rouge, La guerra e il sogno di Momi e Lulù, film realizzati rispettivamente nel 1907 a Parigi, nel 1917 e 1923 a Torino.
A questa epoca straordinaria della cinematografia internazionale guarda anche la città di Milano che, da venerdì 17 a giovedì 16 dicembre, presenta la prima edizione del Gran festival del cinema muto.
Nato da un progetto artistico del direttore d'orchestra Alessandro Calcagnile, della compositrice Rossella Spinosa e della formazione da camera I Solisti Lombardi, questo appuntamento sarà totalmente dedicato alla figura di Charlie Chaplin, del quale verranno presentati, tra l'altro, due film recentemente restaurati: Il circo e Tempi moderni.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Un'immagine del film Les Vacances de Monsieur Hulot di Jacques Tati (1953) © Les Films de Mon Oncle; [fig. 2] Un'immagine di Mon Oncle di Jacques Tati (1958) © Les Films de Mon Oncle ; [fig. 3] Un'immagine del film The 39 steps di Alfred Hitchcock (1935) © AFF; [fig. 4] Un'immagine di Bécassotte à la mer di Marius O'Galop (1920) © GPA
; [fig. 5] Ritratto di Charlie Chaplin.
[Le immagini dalla n.1 alla n.4 sono pubblicate nel volumetto che accompagna il festival Re-Visioni di Roma. Si ringrazia per il materiale Ludovica Scolari dell'ufficio stampa e comunicazione dell'Accademia di Francia a Roma];

Informazioni utili
Revisioni – rassegna di cinema restaurato. Accademia di Francia a Roma - Villa Medici, viale Trinità dei Monti, 1 – Roma. Ingresso: biglietto singolo € 5,00 (intero) ed € 4,00 (ridotto); abbonamento 4 proiezioni (escluso il cineconcerto e la proiezione per i più piccoli) € 15,00 euro; pass Re-Visioni (valido per tutti gli eventi di re | visioni, tranne che per il cineconcerto di Jacques Cambra e per la proiezione per più piccoli) € 30,00; cinecorto € 10,00 (intero) € 8,00 (ridotto). Informazioni: tel. 06.67611 o cinema@villamedici.it. Sito web con programma: www.villamedici.it. Note: tutti i film sono in 35mm e in versione originale sottotitolata; la sala cinema Michel Piccoli di villa Medici contiene 98 posti. Da venerdì 19 a domenica 28 novembre 2010.


Gran festival del cinema muto. Sedi varie - Milano e provicia. Ingresso: libero; € 5,00 per la proiezione di tempi moderni. Informazioni: EventiCultura, cell. 339.1528836 o contatti@eventicultura.it. Sito web con programma: www.cinemamuto.it. Da mercoledì 17 a giovedì 16 dicembre 2010.

lunedì 15 novembre 2010

«Il gioco serio dell’arte»? Un viaggio tra le note di Chopin e i colori di Botticelli

Saranno le note di Fryderyk Franciszek Chopin (1810-1849) a tenere a battesimo la quinta edizione della rassegna Il gioco serio dell'arte, ideata e condotta da Massimiliano Finazzer Flory, assessore alla Cultura del Comune di Milano, per conto de Il gioco del lotto - Lottomatica.
In occasione dei duecento anni dalla nascita del compositore polacco, Palazzo Barberini in Roma aprirà, infatti, le proprie porte al pianista statunitense Jeffrey Swann, allievo di Alexander Uninsky alla Southern Methodist University di Dallas e vincitore di numerosi riconoscimenti, tra i quali il Premio Dino Ciani al teatro alla Scala di Milano e la medaglia d'oro al Concors Queen Elisabeth di Bruxelles.
Con questo talento del pianoforte saranno in scena, nella serata di lunedì 15 novembre, anche Elena Ghiaurov e lo stesso Massimiliano Finazzer Flory, interpreti di una lettura teatrale sul tormentato rapporto amoroso tra Fryderyk Franciszek Chopin e la scrittrice George Sand. Rapporto, questo, che verrà ripercorso non solo attraverso lettere e scritti biografici, ma anche con la proiezione di una serie di ritratti realizzati da Eugène Delacroix, nel commento della storica dell'arte Anna Lo Bianco.
Perdere è il verbo scelto per fare da parola-chiave a questo primo appuntamento della rassegna, grazie alla quale sarà possibile partecipare anche a una visita guidata gratuita alle sale di Palazzo Barberini, all'interno del quale sono conservate pregevoli opere d'arte di Caravaggio, Guercino, Canaletto, Raffaello Sanzio, Hans Holbein e Domenico Beccafumi.
Il gioco serio dell'arte proseguirà, quindi, con sette incontri multi-disciplinari (tutti in programma alle 18.30), che, fino al 30 maggio 2011, porteranno negli scenografici spazi del Salone Pietro Cortona, recentemente restaurato anche grazie ai fondi de Il gioco del lotto, protagonisti di rilievo del mondo artistico e della scena culturale italiana quali Eleonora Abbagnato, Ermanno Bencivenga, Armando Massarenti, Mimmo Paladino, Michele Placido, Giovanni Reale, Sergio Romano e Rossella Vodret.
Ballare, convertire, girare, pensare, perdere, provocare, ricordare, scoprire sono gli otto verbi scelti come parole-chiave di questa nuova edizione della rassegna, alla quale prenderanno sempre parte le storiche dell’arte Anna Lo Bianco e Angela Negro, che proporranno una ricognizione storico-artistica dei temi affrontati, con una panoramica su tutta l'arte europea e, in particolare, sulla collezione di Palazzo Barberini.
L’appuntamento più atteso è senz’altro quello in programma lunedì 17 gennaio 2011, alle 21.00, nelle sale dell’auditorium Parco della Musica, dove si terrà Il tempo di Gustav Mahler, di e con Massimiliano Finazzer Flory. Lo spettacolo teatrale, organizzato per i cent'anni dalla morte del compositore austriaco e con la partecipazione del musicologo Quirino Principe e della ballerina Gilda Gelati, ripercorrerà la biografia del musicista, segnata dall'irrequietudine e attraversata dal fuoco del genio creativo, nel clima culturale della Vienna di fine secolo e dei primi '900.
Prima di questo appuntamento, lunedì 13 dicembre, sarà possibile discutere di gesto artistico con Mimmo Paladino; mentre il 28 febbraio 2011 Michele Placido e Rossella Vodret, soprintendente per il Polo museale della città di Roma, parleranno delle relazioni che intercorrono fra interprete, autore e regista, durante le riprese di un film. Il 14 marzo 2011 i riflettori saranno, invece, puntati sulla danza, della quale si converserà con Eleonora Abbagnato (prima ballerina dell’Opera di Parigi), e il 9 maggio sulla filosofia, grazie alla presenza di Ermanno Bencivenga e Armando Massarenti.
Non poteva, poi, mancare in questa edizione della rassegna Il gioco serio dell’arte un omaggio ai centocinquant’anni dell’Italia unita. Massimiliano Finazzer Flory li ricorderà, insieme con lo storico Sergio Romano, nella serata di lunedì 18 aprile, quando proporrà una lettura teatralizzata di alcune pagine di uno dei grandi capolavori della nostra storia letteraria: I promessi sposi di Alessandro Manzoni(1785-1873).
A chiudere il ciclo di appuntamenti sarà, nella serata di lunedì 30 maggio, un incontro su La Primavera di Sandro Botticelli (1445- 1510), al quale prenderà parte il filosofo Giovanni Reale e dove sarà possibile vedere alcune sequenze del film che Elisabetta Sgarbi ha dedicato a questo celebre dipinto, oggi conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

Didascalie delle immagini
[fig 1] Veduta esterna di Palazzo Barberini in Roma; [fig. 2] Eugène Delacroix, Ritratto incompiuto di Frédéric Chopin, 1938. Olio su tela, 46 × 38 cm. Parigi, Museo del Louvre; [fig. 3] Ritratto di Gustav Mahler; [fig. 4] Sandro Botticelli, La primavera, 1482 circa, tempera su tavola, 203 × 314 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi.

Informazioni utili
Il gioco serio dell’arte - V edizione. Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini, via Quattro Fontane 13 - Roma. Orari: ore 18.30. Ingresso libero (con prenotazione obbligatoria al numero 392.8159509). Informazioni: www.gruppolottomatica.it o www.finazzerflory.it. Da lunedì 15 novembre 2010 a lunedì 30 maggio 2011.

venerdì 12 novembre 2010

«Sei personaggi in cerca d’autore», sipario aperto sul «metateatro» pirandelliano

Uno dei testi più prestigiosi della tradizione teatrale italiana. Un dramma che contiene in sé tutte le future evoluzioni e trasformazioni della drammaturgia e della ricerca contemporanea. Uno spettacolo che raffigura una metafora insuperabile della condizione dell'uomo moderno, in bilico tra realtà e apparenza, verità e finzione. Un racconto di come vita e teatro possano incontrarsi su un palco, creando un magico e misterioso cortocircuito. Tutto questo è Sei personaggi in cerca d'autore (1921), prima opera della trilogia pirandelliana del «teatro nel teatro» (detto anche «metateatro»), completata da Ciascuno a modo suo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1928-1929).
I precedenti narrativi di questo componimento teatrale, tra i più rappresentati e amati dal pubblico, sono da ricondurre alle novelle Personaggi (1906), Tragedia di un personaggio (1911) e Colloqui coi personaggi (1915); la fonte diretta è, però, l’abbozzo di un romanzo, appena due pagine pervenute in foglietto, databile al 1910-‘12. Nasce così in Luigi Pirandello l’idea di mettere in scena il meccanismo della creazione artistica nel momento e nell’atto del proprio farsi, la volontà di raccontare il passaggio dalla persona al personaggio. E’ rottura con la struttura tradizionale del dramma, con gli schemi correnti: quello decadente e accentuatamente simbolista di Gabriele D’Annunzio, quello verista di Giovanni Verga e Giuseppe Giocosa, ma anche quello crepuscolare di Ercole Luigi Morselli e quello grottesco di Rosso di San Secondo. L’innovazione non viene immediatamente compresa né dal pubblico né dalla critica: la prima nazionale dello spettacolo, tenutasi il 9 maggio 1921 al teatro Valle di Roma, con la compagnia di Dario Niccodemi, (tra i protagonisti ci sono Vera Vergani e Luigi Almirante), viene accolta al grido di «Manicomio, manicomio!». Lo shock prodotto negli spettatori è tale che l’autore, all’uscita del teatro, viene investito da una baraonda di proteste e urla: alcuni gli gridano «Buf-fo-ne! Buf-fo-ne!», altri gli danno del «criminale». Come spesso accade nel mondo della drammaturgia e, soprattutto, dell’opera lirica, il successo arriva solo con la seconda replica, tenutasi il 27 settembre dello stesso anno al teatro Manzoni di Milano, sempre per iniziativa della compagnia di Dario Niccodemi. Da allora i Sei personaggi in cerca d’autore esibiscono senza sosta il loro fascino sottile e originale, attestandosi come uno tra gli spettacoli più rappresentati e amati dal pubblico di tutto il mondo.
Il testo viene tradotto presto in varie lingue: nel 1922 è già sul palco a Londra al Kingsway Theatre (a cura della Stage Society) e a New York al Princess (per iniziativa di Brock Pemberton); nel 1923 è la volta di Parigi, dove lo spettacolo è rappresentato alla Comédie des Champs-Elysées, per la regia di Georges Pitóeff (una regia, questa, che rimarrà nella storia del teatro per l’arrivo dei «sei personaggi» con il montacarichi di servizio, avvolti da una luce verdastra e totalmente vestiti di nero). Nel 1924 gli applausi arrivano da Vienna, con la messa in scena di Rudolf Beer al Raimund Theater, e da Berlino, dove a cimentarsi con l’allestimento del testo pirandelliano è Max Reinhardt al Komódie. Dall’anno dopo è la stesura della prefazione, pubblicata nella quarta edizione del testo; qui lo scrittore agrigentino fornisce un'interpretazione d'autore del dramma, chiarendone la genesi, gli intenti, le fondamentali tematiche, la natura dei personaggi e i rapporti che intercorrono fra loro. Questo scritto è importante per la ripresa dello spettacolo sulle scene romane (ripresa nella quale si trova anche un nuovo finale, quello ancor’oggi rappresentato): il 18 maggio 1925 il capolavoro pirandelliano ritorna, infatti, nella «Città eterna», questa volta al teatro Odescalchi, in un allestimento che vede in scena Lamberto Picasso, Marta Abba e Mario Cervi. E’ la consacrazione definitiva e i Sei personaggi in cerca d’autore diventano anche una storia di registi e di attori: a farsi ammaliare dal testo sono Guido Salvini, Orazio Costa, Giorgio De Lullo, Giuseppe Patroni Griffi, Giorgio Strehler e Giulio Bosetti, da un lato; Vera Vergani, Lina Satri, Rossella Falk, Romano Valli, Sergio Tofano e Antonio Salines dall’altro, solo per fare qualche nome.
La piéce pirandelliana affascina, però, anche fuori dai confini strettamente teatrali: ne nascono un soggetto cinematografico (mai realizzato), scritto dallo stesso Pirandello con Adolf Lantz, e un’opera lirica in tre atti, rappresentata a New York il 26 aprile 1959, con libretto di Denis Johnston e musica di Hugo Weisgall.
Ma che cosa ha reso questo lavoro una delle pietre miliari del nostro teatro? La trama non ha, in realtà, caratteristiche particolari; ha accenti da feuilleton borghese familiare, da romanzo d’appendice. Sulle tavole di un palcoscenico, dove si stanno facendo le prove del dramma pirandelliano Il gioco delle parti, si presenta una tormentata famiglia, composta da un padre, una madre, un figlio, una figliastra, un giovinetto e una bambina. Questi personaggi chiedono al capocomico e agli attori di mettere in scena la loro fosca e intricata vicenda, intessuta di tradimenti, abbandoni, riconciliazioni, sofferenza, desideri di vendetta, fino al tragico epilogo finale: la morte di due membri della famiglia. Ciò che colpisce l’attenzione dello spettatore non è, dunque, l’intreccio della storia, fitta di luoghi comuni, quanto le illuminazioni metateatrali pirandelliane. Per usare le parole di Francesca Malara e Roberto Alonge nella Storia del teatro moderno e contemporaneo di Einaudi, lo scrittore agrigentino inizia con questo dramma il suo passaggio dal «teatro d’attore», tipico della tradizione ottocentesca, al «teatro di regia», caratteristico della nuova temperie novecentesca. L’enfasi declamatoria degli interpreti e gli intrecci leggeri e mondani di tradizione francese lasciano, dunque, spazio a un «teatro di idee», dove protagonista è la «vita nuda», cioè la vita senza la maschera dell’ipocrisia e delle convenzioni sociali. Un teatro nel quale un ruolo importante assume la figura del regista (allora ancora chiamato «capocomico»), sguardo esterno che dà una corretta lettura del testo, istradando in qualche modo un'autorizzata e privilegiata ipotesi di regia.
In Sei personaggi scompare l’usuale suddivisione in atti e in scene ed appare, per la prima volta nel teatro di Luigi Pirandello, l’eliminazione della «quarta parete» di diderotiana memoria, cioè della parete trasparente che sta tra attore e pubblico, tra palcoscenico e platea. Una innovazione, questa, memore di certe soluzioni futuriste e dadaiste, che troverà la sua massima espressione nella rappresentazione simultanea dello spettacolo Questa sera si recita a soggetto, altra occasione importante per fare il punto sulla drammaturgia contemporanea.
Con i Sei personaggi in cerca d’autore, Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934, inizia, dunque, il suo rifiuto fermo e netto della «scatola teatrale» ottocentesca. Con questi personaggi «nati vivi», con la loro storia drammatica fatta di un tradimento e di un mancato incesto –una storia, questa, che sembra chiedere a gran voce di «entrare nel mondo dell’arte»- l’autore di Girgenti ci porta in un luogo fuori dal tempo. Racconta, per usare le parole di Enzo Lauretta in Luigi Pirandello. Storia di un personaggio fuori chiave, «un dramma che si conclude con quello che i filosofi esistenziali chiamano uno «scacco», dopo il quale ai personaggi-fantasmi non rimane che l’informale, il nulla». Un dramma che è «illusione di realtà», dal momento che –afferma il Padre dei «sei personaggi», parafrasando quanto già scritto in Uno, nessuno e centomila- è commedia della vita che non conclude, perché se domani conclude –addio- è finita»

Vedi anche
Ad Agrigento un convegno internazionale sul teatro di Pirandello

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Luigi Pirandello, in compagnia degli attori Marta Abba e Lamberto Picasso. Roma, teatro Agentina - 1928; [fig. 2] Copertina dell'edizione di Sei personaggi in cerca d'autore, pubblicata da Oscar Mondadori; [fig. 3] Una immagine dell'allestimento dei Sei personaggi in cerca d'autore di Georges Pitóeff, andato in scena il 10 aprile 1923 alla Comédie des Champs-Elysées di Parigi; [fig. 4]
Copertina dell'edizione di Sei personaggi in cerca d'autore, pubblicata da Oscar Mondadori.

Curiosando nel Web
Il testo di Sei personaggi in cerca d’autore su LiberLiber

Da leggere
Roberto Alonge e Francesca Malara, Il teatro italiano di tradizione in AA.VV., Storia del teatro moderno e contemporaneo. Avanguardie e utopie del teatro, Einaudi, Torino 2001;
Raffaele Cazzulli, Pirandello: la soglia del nulla, edizioni Dedalo, Bari 2003;
Enzo Lauretta, Luigi Pirandello. Storia di un personaggio fuori chiave, Ugo Mursia editore, Milano 1980.


martedì 9 novembre 2010

Da «Cahiers du cinéma» una collana sui più grandi registi di tutti i tempi

Dieci tra i migliori registi del nostro tempo per una dei marchi più leggendari dell’editoria cinematografica internazionale. Arriva in libreria, per i tipi della francese Cahiers du cinéma, una nuova collana di monografie -in lingua italiana, inglese e spagnola- sui più grandi cineasti del mondo. L’iniziativa editoriale, la prima da quando il gruppo parigino è stato acquisito dalla casa editrice londinese Phaidon, propone volumi dall’impaginato accattivante, dallo stile brioso e dalla consultazione agile, che, in un centinaio di pagine, offrono un’introduzione alla vita e alle opere di alcune delle figure più interessanti della storia del grande schermo.
Maestri del cinema, questo il titolo della nuova collana, amplia, dunque, la già ricca offerta di oltre quattrocento titoli proposta dalla casa editrice francese nata, a metà degli anni Ottanta, da una costola della leggendaria rivista Cahiers du cinéma, la cui fondazione avvenne nel 1951 per iniziativa di André Bazin, Jacques Doniol-Valcroze, Joseph Marie Lo Duca e Léonide Keigel. Una vera e propria Bibbia per i cinefili, questa, alla quale collaborarono Jean-Luc Godard, François Truffaut, Claude Chabrol e che ha cambiato la storia del cinema creando il concetto di «autore» e dando vita alla Nouvelle Vague.
La nuova iniziativa editoriale, che si avvia portando in libreria dieci titoli al costo economico di 7,95 euro, costituisce una risorsa essenziale di approccio e approfondimento, sia per il pubblico di intenditori sia per coloro che si avvicinano all’argomento per la prima volta.
Ogni volume, scritto da alcuni tra i più famosi e rispettati specialisti al mondo fra critici cinematografici e giornalisti del settore (tra le firme dei primi volumi si segnalano quelle di Florence Colombani del settimanale francese Le Point e di Thomas Sotinel de Le Monde), descrive la carriera di ciascun regista, organizzata cronologicamente dai primi lavori giovanili ai film più recenti. Ed offre, inoltre, una dettagliata biografia, la filmografia completa e la sintesi delle trame, oltre a testi di approfondimento come saggi critici sulle pellicole più importanti e interviste.
I volumi sono, infine, impreziositi da oltre cento immagini che includono fotografie di scena, set fotografici, sequenze di film e poster, alcuni dei quali raramente visti in precedenza.
Pedro Almodóvar, Tim Burton, Francis Ford Coppola, Clint Eastwood,Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, David Lynch, Martin Scorsese e Steven Spielberg sono i primi registi al centro della collana Maestri del cinema. Una collana che, sin dalle prime battute, si propone di immergere il pubblico dietro le quinte di grandi film, ma anche per guardare alla storia di attori famosi attraverso nuovi occhi.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Foto di insieme delle prime uscite della collana Maestri di cinema, pubblicata da
Cahiers du cinéma. [fig. 2] Immagine pubblicata a pagina 84 del volume Tim Burton di Aurélien Ferenczi, edito da Cahiers du Cinéma. Nella foto: Jordan Fry, Adam Godley, Johnny Depp, Freddie Highmore and David Kelly in Charlie and the Chocolate Factory (2005). Fonte: Cahiers du Cinéma. Crediti fotografici: Warner; [fig. 3] Immagine pubblicata a pagina 44 del volume Woody Allen di Florence Colombani, edito da Cahiers du Cinéma. Nella foto: Woody Allen and Diane Keaton in Annie Hall (1977). Fonte: Cahiers du cinéma. Credits: Jack Rollins & Charles H. Joffe Productions / Brian Hamill.
[Le immagini sono state messe a disposizione da Michela Beretta, ufficio stampa di Phaidon Press - Milano]


Informazioni utili
Woody Allen by Florence Colombani; Pedro Almodóvar by Thomas Sofinel; Tim Burton by Aurélien Ferenczi; Francis Ford Coppola by Stéphane Delorme; Clint Eastwood by Bernard Benoliel; Alfred Hitchcock by Bill Krohn; Stanley Kubrick by Bill Krohn; David Lynch by Thierry Jousse; Martin Scorsese by Thomas Sotinel; Steven Spielberg by Clélia Cohen. Volumi pubblicati da Cahiers du cinéma nella collana Maestri di cinema. Dati tecnici: pp. 104 pagine, ill. 100, prezzo: € 7,95 cadauno. Note: i testi saranno disponibili in libreria da novembre 2010. Informazioni: Phaidon - Cahiers du cinéma, Corso Sempione, 33 - 20145 Milano. Informazioni: Phaidon Italia, tel.02.43990450. Web site: www.phaidon.com.

lunedì 8 novembre 2010

Gorizia, un parco letterario per «Il porto sepolto» di Ungaretti

«Incomincio il Porto sepolto, dal primo giorno della mia vita in trincea, e quel giorno era il [...] Natale del 1915, e io ero sul Carso, sul Monte di San Michele. Ho passato quella notte coricato nel fango, di faccia al nemico che stava più in alto di noi ed era cento volte più armato di noi. Nelle trincee, quasi sempre nelle trincee. [...] per un anno si svolsero i combattimenti». Così Giuseppe Ungaretti (1888-1970) ricorda la genesi del suo primo libro di poesie, Il Porto sepolto, pubblicato nel 1916, in edizione limitata a ottanta copie, presso una tipografia di Udine e rieditato nel 1923 dalla Stamperia Apuana di La Spezia, sempre per interessamento dell'amico e compagno d’armi Ettore Serra. Le trentatré liriche che compongono questo piccolo volume, così come le sezioni Naufragi e Girovago della raccolta L'allegria (1919 e 1931), tutte riunite nella collana Vita di un uomo (1969), narrano l'esperienza della prima guerra mondiale, vissuta dallo stesso poeta, allora ventisettenne, come soldato semplice presso il XIX Battaglione di fanteria, stanziato nelle fangose e pietrose trincee del Carso, vicino a San Michele, San Martino, Versa e Mariano.
In queste zone, e più precisamente a Sagrado, nella località di Castelnuovo, è stato da poco inaugurato il Parco Ungaretti, un percorso di memoria e di meditazione, una sorta di «laica via crucis» tra le prime composizioni dello scrittore di Alessandria d’Egitto. Opere, queste, che avrebbero illuminato e innovato tutto il panorama del Novecento letterario, aprendo la strada all’ermetismo.
Il «museo all’aperto», ideato da Gianfranco Trombetta e realizzato da Paolo Bornello, trova casa nella cinquecentesca villa Della Torre Valsassina Hohenloe e nei verdi terreni del parco circostante, oggi sede dell’azienda agricola e viticola Castelvecchio di Mirella e Leopoldo Terraneo. In questo contesto paesaggistico di rara bellezza, dove lo sguardo può spaziare verso l’Isonzo e il Bosco Cappuccio (scenari della Grande guerra), le più significative pagine della raccolta Il porto sepolto (una decina di poesie in tutto) rivivono grazie a opere d’arte e a incisioni su stele di pietra carsica, ma anche a materiale audiovisivo, documenti letterari e testimonianze storiche legate agli eventi dell’epoca.
Scritti su «cartoline in franchigia, margini di vecchi giornali, spazi bianchi di care lettere ricevute», i versi ungarettiani dal fronte, sempre corredati da una data e dall'indicazione di un luogo, hanno il sapore delle pagine di un diario intimo. Sono il racconto della vita di un uomo solo, in mezzo a tanti uomini soli, di un uomo costretto a vivere, giorno e notte, a contatto con l'odio e la violenza, a sperimentare l'esperienza della caducità della vita e della riduzione di ogni spazio della propria esistenza a maceria, a «brandello di muro».
«Stando lì tra la morte, i morti, non c'era il tempo: bisognava dire delle parole decise, assolute», così Ungaretti parla della nascita del suo «linguaggio spoglio, nudo, estremamente espressivo». Un linguaggio nel quale il verso è frammentato, la parola sillabata e carica di «un'intensità straordinaria di significato», la punteggiatura quasi inesistente, così da esprimere la condizione di fragilità e di inquietudine esistenziale che la guerra porta sempre con sé. Ne danno perfetto esempio le liriche I fiumi, Veglia, Il porto sepolto e Sono una creatura che si incontrano lungo il percorso del parco nelle tre soste di riflessione e di riposo ricreate tra gli ulivi e i vigneti della villa: la Torre, il Recinto sacro e il Sacrario. Il parco ospita anche due opere d’arte: una grande lastra in ferro arrugginito recante il ritratto del poeta in età matura, a firma dell’incisore goriziano Franco Dugo, e scultura in bronzo, a grandezza naturale, con la quale lo scultore Paolo Annibali ha voluto rendere omaggio al giovane fante Ungaretti.
L’aspro territorio goriziano si fa, dunque, teatro di poesia, così come aveva profetizzato lo stesso autore di Vita di un uomo ritornando, nel maggio del 1966, sul terre che lo avevano visto soldato: «ho ripercorso ieri qualche luogo del Carso. Quella pietraia – a quei tempi resa, dalle spalmature appiccicose di fango colore come d’una ruggine del sangue, infida a chi, tra l’incrocio fatto del miagolio delle pallottole, l’attraversava smarrito nella notte – oggi il rigoglio dei fogliami la riveste. E’ incredibile, oggi il Carso appare quasi ridente. Pensavo: ecco, il Carso non è più un inferno, è il verde della speranza; ecco, pensavo, si fa sede pacifica di poesia, invita a raccolta chi si propone di diffondere poesia, cioè fede e amore».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Scultura di Paolo Annibali per il Parco Ungaretti di Sagrado (Gorizia). Foto: Mario Pierro; [fig. 2] Incisione di Franco Dugo per il Parco Ungaretti di Sagrado (Gorizia). Foto: Mario Pierro; [fig. 3] La Torre del Parco Ungaretti di Sagrado (Gorizia). Foto: Mario Pierro; [fig. 4] Il recinto sacro del Parco Ungaretti di Sagrado (Gorizia). Foto: Mario Pierro; [fig. 5] Il Sacrario del Parco Ungaretti di Sagrado (Gorizia). Foto: Mario Pierro.
[Le foto sono state messe a disposizione da Emanuela Testori dall’ufficio stampa Orange – Gruppo Rem di Udine]

Informazioni utili
Parco Ungaretti, via Castelnuovo, 2 - Sagrado (Gorizia), Informazioni: tel. 0481.99742 ed e-mail:
eventi@castelvecchio.com. Sito internet: http://www.amicidicastelnuovo.it/.

sabato 6 novembre 2010

«La porta della felicità»? Un festival sull’editoria per bambini

«Naso di legno, cuore di stagno, […] «scarpe di zuppa e pan bagnato», […] «vestitino di carta colorato»: accende i riflettori sul burattino di legno più famoso del mondo, Pinocchio, la prima edizione de La porta della felicità, manifestazione culturale dedicata all’editoria per ragazzi che, da lunedì 8 a domenica 14 novembre, animerà il territorio bresciano. Per sette giorni, i suggestivi spazi settecenteschi dei musei Mazzucchelli di Ciliverghe di Mazzano e la PinAC–Pinacoteca internazionale dell’età evolutiva Aldo Cibaldi di Rezzato apriranno le proprie porte a mostre, convegni, incontri con autori, laboratori narrativi e creativi, rivolti alle scuole e alle famiglie con l’obiettivo di avvicinare i bambini al magico mondo delle fiabe, delle illustrazioni e dei racconti per l’infanzia.
Grande protagonista di questa prima edizione della manifestazione, promossa grazie al contributo del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e della Provincia di Brescia, sarà appunto Pinocchio, il burattino inventato, sul finire dell’Ottocento, dallo scrittore e giornalista Collodi. Ma alla ribalta della rassegna bresciana non potranno non salire anche i tanti, indimenticabili compagni d’avventura del famoso «ceppo di legno» diventato bambino: dal benevolo Geppetto al saggio Grillo parlante, dall’amabile Fatina dai capelli turchini all’orribile e cattivissimo Mangiafuoco, senza dimenticare Lucignolo, amico di sventure nel Paese dei balocchi, e il Gatto e la Volpe, forse la più famosa coppia di «briganti» della letteratura.
Tutti questi personaggi rivivranno nelle sale dei musei Mazzucchelli, dove sarà possibile vedere (in tutte le giornate del festival, dalle 10.00 alle 19.00), i Pinocchi balocchi della collezione Tosi, il video di animazione Pinocchio nel tangram (2003), prodotto dai ragazzi della scuola media Giorgio Perlasca di Rezzato nell’ambito del laboratorio Pennelli elettronici, e la mostra Pinocchio in PinAC, patrocinata dalla Fondazione Collodi, con una quarantina di disegni, tempere e pastelli realizzati, negli anni Settanta, da bambini di età compresa tra i 4 e i 14 anni.
Per tutta la settimana (dal lunedì al sabato, alle 9.00 e alle 10.45), il complesso museale gestito dalla Fondazione Giacomini Meo Fiorot accoglierà anche un laboratorio didattico sul«burattino più discolo del pianeta»: Illustrami una storia, che vedrà i bambini dai 7 ai 12 anni dipingere ad acquerello, sotto la supervisione di Daniela Perani. Il momento più importante dell’omaggio che i musei bresciani dedicano alla favola di Collodi (il libro più stampato, tradotto e letto del pianeta, dopo la Bibbia e il Corano) si terrà, però, nel pomeriggio di domenica 14 novembre, con il convegno Pinocchio. Origini e successi di una storia tutta italiana, al quale prenderanno parte, tra l’altro, l’illustratrice Octavia Monaco e lo studioso Walter Fochesato, coordinatore redazionale della rivista Andersen.
Grande spazio in questa edizione pilota del festival verrà data anche alla figura di Štěpán Zavřel, al quale verrà dedicata una conferenza del convegno Letteratura per l’infanzia tra storia, arte e new media, in programma nel pomeriggio di sabato 13 novembre ai musei Mazzucchelli. Al tavolo dei relatori saliranno docenti, specialisti e storici dell’arte quali Luigi Paladin, Sabrina Fava, Marina Tonzig, Elena Pasetti e la giornalista Laura Ogna. Sempre a Ciliverghe di Mazzano, Daria Tonzig e Mafra Gagliardi terranno, nelle mattinate di venerdì e sabato, un laboratorio creativo sul magico mondo figurativo dell’illustratore praghese e sul suo lavoro più celebre: il Libro del pesce magico, realizzato nel 1964, tradotto in quattro lingue e recentemente ristampato in versione italiana per i tipi della Bohem press Italia.
A completamento dell’offerta educativa che il festival propone negli spazi dei musei Mazzucchelli, vanno ricordati anche, nelle giornate di lunedì e martedì, le letture animate per i bambini dai 5 agli 8 anni di Ssst…ascolta il libro, a cura degli attori della Cooperativa teatro laboratorio di Brescia, e, durante il week-end, l’atelier Costruiamo i personaggi delle favole, dove anche gli adulti potranno realizzare piccoli manufatti con materiali di recupero quali cartone e stoffa.
Alla PinAC di Rezzato grandi e bambini saranno, invece, invitati a “lavorare” insieme con l’artista Alessandro Sanna. L’appuntamento con il suo laboratorio, dal titolo Il gioco dell’illustratore, è fissato per il pomeriggio di domenica. Mentre durante la settimana sarà possibile partecipare alla mostra Echi di letteratura nelle opere della PinAC e assistere a Come un e-book, antologia di cortometraggi in animazione che trae spunto da alcuni opere letterarie per grandi e bambini come Novecento di Alessandro Baricco o la filastrocca Signori architetti di Gianni Rodari.
La porta della felicità non è, però, solo convegni, laboratori didattici e mostre. Nelle giornate di sabato e domenica, ai musei Mazzucchelli si terrà un’esposizione bibliografica specializzata, nella quale alcune delle principali case editrici per ragazzi, selezionate da Michela Valotti e dai responsabili del Sistema bibliotecario Brescia est, esporranno le loro novità nell’ambito della creatività e della didattica museale. Sarà così possibile sfogliare le ultime uscite di Mazzotta, Corraini, Sillabe, Vannini, Bohem press Italia, editrice La scuola, solo per fare qualche nome. In contemporanea la libreria Giannino Stoppani di Bologna presenterà la mostra bibliografica Leggere l’arte, con alcune delle più prestigiose pubblicazioni museali per ragazzi. Un’occasione, questa, per far scoprire ai più piccoli il piacere di sfogliare un libro d’autore, per educare le giovani generazioni alla lettura, perché «leggere –lo diceva già Vittorio Alfieri- vuol dire profondamente pensare».

Vedi anche
Pinocchio, un burattino tra i libri della Biblioteca di Busto Arsizio

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Cover promozionale del festival La porta della felicità;
[fig. 2, fig. 3 e fig. 4] Un disegno esposto nella mostra Pinocchio in PinAC.

Informazioni utili
La porta della felicità. Musei Mazzuchelli, via G. Mazzucchelli, 2 - Ciliverghe di Mazzano (Brescia). Orari: lunedì-sabato 9.00-19.00 e domenica 10.00-19.00. Ingresso: adulti e ragazzi sopra i 12 anni, € 7,00 (comprensivo di ingresso alle collezioni museali); bambini, gratuito fino ai 12 anni; laboratori e letture per le scuole, su prenotazione € 4,50 a partecipante + gratuità per 2 accompagnatori. informazioni: tel. 030.212421 o info@museimazzucchelli.it. Sito web: www.museimazzucchelli.it. PInAC, Pinacoteca internazionale dell’età evolutiva Alda Cibaldi, via Disciplina, 60 – Rezzato (Brescia). Orari: da martedì a venerdì 9.00-12.00; sabato e domenica 10.00-12.00 e 15.00-18.00. Ingresso: adulti e bambini, € 3,50; laboratorio, € 3,50 a partecipante (ingresso gratuito ad alunni e insegnanti delle scuole del territorio di Rezzato per la visone guidata della mostra e della rassegna). Informazioni: tel. e fax. 030.2792086. Sito web: www.pinac.it. Dall'8 al 14 novembre 2010.

venerdì 5 novembre 2010

«Segni di infanzia»: a Mantova otto giorni di arte e teatro per bambini

Arriva sulle ali di una colorata farfalla la quinta edizione di Segni d’infanzia. Da domenica 7 a domenica 14 novembre, per otto giorni, Mantova si trasformerà in una città a misura di bambino per accogliere il festival internazionale di arte e teatro per i più piccoli, nato nel 2006 da un’idea dell’attore, regista e scenografo Dario Moretti e oggi diretto artisticamente dall’attrice Cristina Cazzola.
Dal teatro classico alle performance più acrobatiche, dai concerti agli spettacoli di danza, dai percorsi espositivi ai laboratori didattici, l’offerta messa in campo dall’amministrazione comunale capitanata dal sindaco Nicola Sodano, con il sostegno della rappresentanza in Italia della Commissione dell’Unione europea e della Provincia di Mantova, si presenta non solo varia, ma anche ricca di colori e suggestioni. Centoottantanove sono in tutto gli eventi in agenda, che vedranno “sfilare” sulle rive del Mincio artisti provenienti da più parti del mondo: Giappone, Finlandia, Norvegia, Francia, Belgio, Spagna, Germania e, naturalmente, Italia.
Ad aprire la manifestazione, nel pomeriggio di domenica 7 novembre (ore 16.00), arriverà da Oltralpe la Compagnie Lilou con Le fate madrine, una parata animata da un elfo e da quattro dame-farfalle, su alti trampoli e con ali di rami, che ricreerà in piazza delle Erbe un mondo magico e incantato, fatto di pura poesia. Inizierà, dunque, sin dalle prime battute l’omaggio che questa quinta edizione di Segni di infanzia fa alla farfalla, animale simbolo per eccellenza di leggerezza e trasformazione, di libertà e crescita, che con le sue ali svolazzerà sui programmi e sui dépliant del festival, sui totem informativi disegnati dai bambini durante i laboratori didattici al Thun store di Mantova e su alcuni dei tanti appuntamenti in cartellone. E’ il caso del laboratorio didattico Farfalle d’Europa, in programma tutti i giorni alla Loggia del Grano (ore 10.00 e ore 16.00), grazie al quale i piccoli dai 6 ai 10 anni potranno viaggiare con la fantasia nei tanti Paesi che formano il nostro continente, ma anche sperimentare il linguaggio radiofonico e diventare speaker per un giorno sulle frequenze di radio Pico.
Grande protagonista di questa impegnativa otto giorni, alla cui realizzazione parteciperanno molti volontari, sarà la musica, presente come componente dal vivo all’interno di molti spettacoli e in concerti. Tra gli “appuntamenti sonori” più curiosi va senz’altro segnalato Passeggiata Jazz – Riondino e Negri le suonano a Rodari, evento creato appositamente per Segni d’infanzia che, sabato 13 novembre (ore 21.00) al teatro Bibiena, vedrà l’attore e cantautore David Riondino vestire i panni di allegro Gianduia e raccontare ai più piccoli, sulle note del sax e del clarinetto di Mauro Negri, alcune Favole al telefono di Gianni Rodari, tra le quali Alice mascherina e Gli uomini di burro. Non meno intrigante sarà il tributo sonoro alla natura che il jazzTerje Isungset, noto per aver trasformato in musica anche acqua e ghiaccio, presenterà domenica 7 (ore 21.00) e lunedì 8 novembre (ore 10.00) al teatro Bibiena, dove suonerà armonica a bocca e tamburini, ma ista norvegese anche rami, sassi e altre insolite percussioni. All’insegna della sette note sarà anche la chiusura del festival con gli Acquaragia Drom, gruppo storico della musica popolare italiana, che, nel pomeriggio di domenica 14 novembre (ore 18.30), sarà in piazza Castello con Utza tza! Dalla farfalla a…, un allegro concerto a base di sfrenate tumurriate vesuviane, romantiche serenate siciliane e molisane, tarantelle calabresi e salentine che vedrà ballare grandi e piccini in attesa di scoprire l’anima simbolo dell’edizione 2011 di Segni d’infanzia.
Il felice connubio tra musica e piazza non sarà, però, una prerogativa solo dell’ultimo giorno, ma si rinnoverà anzi durante tutta la settimana del festival: ogni sera, al crepuscolo, in città si accenderanno, a sorpresa, Fuochi di musica, resi vivaci dagli studenti del conservatorio Lucio Campiani di Mantova. E sempre al crepuscolo, alla Loggia del Grano, si terranno dei curiosi aperitivi con degustazioni e racconti animati sul cibo, a cura di Cristina Cazzola. L’alimentazione sarà protagonista anche di due laboratori per bambini, Le vie del latte e Pensa che mensa!, promossi con la collaborazione di Slow Food e previsti in più giorni della settimana, uno al teatro Leonardo e l’altro alla cucina di For.Ma.
Grande attenzione verrà data in questa edizione del festival anche alla tematica ecologica con due Percorsi ad arte, proposti in più giornate: Come alberi, un progetto sulla biodiversità, e Attraverso – Oltre il mare un luogo dove crescere, un evocativo viaggio tra le luci, le immagini e le sculture di Lucio Diana e i suoni di Terje Isungset sulle ali delle cicogne bianche, eccellenza del territorio mantovano (che vanta nel parco del Mincio una delle riserve più importanti del genere).
Il tema della salvaguardia ambientale verrà riproposto a Segni d’infanzia dalla compagnia tedesca Helios Theatre con H2O, spettacolo nel quale due attori e un musicista indagano con sguardo nuovo i segreti dell’acqua, e Woodbeat, affascinante percorso tra immagini e suoni nell’universo del legno. Questi lavori verranno rappresentati in più repliche, così come i tre appuntamenti che Mantova dedica al teatro d’ombre: Cane Blu di Teatro Gioco Vita, Acchiappalo! della compagnia belga Les Chaussettes en pâte à modeler e il laboratorio Dall’Oriente, condotto da tre membri del giapponese National Children's Castle.
Rimanendo in tema di laboratori didattici, ritorneranno a grande richiesta i Bagni di colore dei finlandesi Pori Centre for Children’s Culture, giochi multisensoriali per avvicinare alle varie cromie i neonati dai 3 ai 12 mesi. E, nei prossimi giorni, sarà nella città dei Gonzaga anche una delle realtà teatrali più apprezzate dell’edizione del salmone, quella del 2008: la Compagnie Melì-Malo con la sua Dis-moi Nina, uno spettacolo sulla parola e il linguaggio del corpo.
Completano il cartellone della quinta edizione di Segni d’infanzia: la favola L’orchetto di Accademia Perduta Romagna Teatri, lo show di danza e colori Ras! degli spagnoli Maduixa Teatre, la storia Il punto, la linea, il gatto di Teatro all’improvviso e Il grande racconto del Teatro delle Briciole, su testo di Tonino Guerra. Una pluralità di codici, linguaggi e strumenti, anima, dunque, questa edizione del festival mantovano, pensato per i più piccoli, ma in grado di incantare anche genitori e insegnanti.

Per saperne di più
Il sito ufficiale di Segni di infanzia 2010
Il programma completo di Segni d’infanzia 2010

Didascalie delle immagini
[fig. 1 e fig. 2] Alcune raffigurazioni di farfalle realizzate per la quinta edizione di Segni d'infanzia; [fig. 3 e fig. 4] Una scena della parata Fate madrine con la Compagnie Lilou
; [fig. 5] Una scena dello spettacolo H2O con la Helios Theatre compagnia tedesca.
[Le foto sono state messe a disposizione da
ibpress- comunicazione ed eventi, ufficio stampa di Segni d'infanzia]

Informazioni utili

Segni di infanzia - V edizione. Sedi varie - Mantova. Informazioni: Segni d'Infanzia associazione artistica e culturale c/o Teatreno, piazza Don Leoni, 18 - 46100 Mantova, tel. 0376.221705, fax. 0376.222723, segreteria@segnidinfanzia.org. Sito web: www.segnidinfanzia.org. Biglietti: spettacoli/percorsi d’arte e laboratorio “Bagni di colore” - mattina o pomeriggio: intero € 6,00, ridotto € 5,00, sera: intero € 9,00, ridotto € 6,00; laboratori - ridotto € 5.00 e un adulto accompagnatore (omaggio); abbonamento famiglia - pacchetto 4 eventi per almeno 1 adulto e 1 bambino: riduzione di 1 euro su tutti i biglietti. La prenotazione è obbligatoria per tutti gli eventi. E’ possibile acquistare on line i biglietti sul sito www.segnidinfanzia.org e www.vivaticket.it. Dal 7 al 14 novembre 2010.

giovedì 4 novembre 2010

«Luci d’artista», venti stelle speciali nella notte di Torino

Per i torinesi è un appuntamento fisso delle feste natalizie; per chi viene da fuori è una magia di colori da guardare con il naso all’insù. Per il tredicesimo anno consecutivo, il capoluogo piemontese accende le sue Luci d’artista, un vero e proprio «museo a cielo aperto» nato nel 1997, quando Fiorenzo Alfieri, allora assessore al Commercio e alla Promozione della città, propose allo scenografo e illustratore genovese Emanuele Luzzati di creare un intervento di forte impatto visivo nei giardini Sambuy, di fronte alla stazione di Porta Nuova. Venne così realizzato il Presepio, una colorata e fiabesca sacra natività che parla «il linguaggio universale dell’infanzia» e che sembra inventata per far brillare gli occhi ad adulti e bambini.
Da allora, questo innovativo progetto di illuminazione pubblica e di arredo urbano (che, In Italia, ha fatto scuola anche a Milano e a Salerno) si è arricchito di tante nuove opere, coinvolgendo in tutto una trentina di artisti italiani e stranieri, tra i quali Mario Airò, Enrica Borghi e Jenny Holzer.
In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la nuova edizione di Luci d’artista, in programma fino a domenica 16 gennaio, vede, infatti, l’accensione di ben tre installazioni inedite.In piazza Castello, nello spazio pedonale davanti a Palazzo Madama, il tedesco Tobias Rehberger, vincitore del Leone d'oro alla 53° Biennale di Venezia, presenta My noon, una «scultura astratta» di grandi dimensioni, composta da anelli ed elementi lineari di metallo, sui quali sono installati led luminosi, il cui obiettivo è di rielaborare il concetto di orologio, scandendo le ore non più in sessantesimi, ma in formato binario, secondo il meccanismo concettuale che è alla base degli orologi digitali. Il viterbese Carlo Bernardini illumina, invece, il cortile di palazzo Bertalazone di San Fermo, in via san Francesco d’Assisi, con la sua Cristallizzazione sospesa, un lavoro realizzato con fili di fibre ottiche e strutturato come una concatenazione di più installazioni, così da trasformare lo spazio da contenitore dell'opera a forma aperta e «permeabile», abitata da forme triangolari o romboidali.
L’ultima opera nuova del 2010 porta la firma dell’artista torinese Richi Ferrero ed è l’installazione Bwindi Light Masks. L’opera, già vista a Luminale 2010 di Francoforte, consta di quaranta maschere identiche, provenienti da un'area di confine tra Congo e Uganda, che come piccoli monoliti di colore illuminano la notte del cortile di palazzo Chiablese, in piazza San Giovanni.
Accanto a questi lavori doveva essere esposta, in piazza Carlo Felice, anche la luminaria Ressort et Tortillons di Cie Leblanc, purtroppo non giunta a Torino in tempo utile per l’allestimento a causa del blocco al trasporto delle merci, operante nelle scorse settimane in Francia. Ma gli amanti delle novità non rimarranno, comunque, delusi. In occasione del giubileo dello Stato italiano il Tappeto volante di Daniel Buren, una delle altre diciassette opere che compongono la nuova edizione di Luci d’artista, assumerà nuovi colori, prenderà le cromie della bandiera italiana. Un tripudio di luci bianche, rosse e verdi illuminerà, dunque, piazza Palazzo di Città, la vecchia piazza delle Erbe. E proprio in omaggio a Italia 150 le luminarie d’autore torinese si riaccenderanno giovedì 17 marzo 2011, anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, e rimarranno visibili fino al prossimo giugno.
Una doppia occasione, dunque, viene offerta dalla città sabauda per passeggiare tra le sue lussuose vie dello shopping e i bei palazzi barocchi alla scoperta del nuovo arredo urbano luminoso, ma anche di quello ormai «classico» come Il volo dei numeri di Mario Merz alla Mole Antonelliana, Il doppio passaggio di Joseph Kosuth ai Murazzi, i Piccoli spiriti blu di Rebecca Horn al Monte dei Cappuccini. E ancora Love difference – Amare le differenze di Michelangelo Pistoletto a Porta Palazzo, Palomar di Giulio Paolini in via Po, Neongraphy di Qingyun Ma alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime di Nicola De Maria nell’elegante «salotto» di piazza San Carlo.
Ma la visita non finisce qui. La centrale via Roma è illuminata da Noi di Luigi Stoisa. In via Prati si può ammirare L’amore non fa rumore di Domenico Luca Pannoli. In via Garibaldi è esposta Volo su... di Francesco Casorati. Il Planetario di Carmelo Giammello abbellisce via Pietro Micca. Il Concerto di parole di Mario Molinari è ai Giardini Reali. Luì e l’arte di andare nel bosco di Luigi Mainolfi fa passeggiare tutti con il naso all’insù in via Lagrange. Alla Galleria Subalpina si ritrova l’opera ideata per l’edizione 2009: L’energia che unisce si espande nel blu di Marco Gastini. A piazzetta Mollino, di fianco al teatro Regio, ritorna il Vento Solare di Luigi Nervo e, spostandosi verso la periferia (all’entrata sud della città), Luce Fontana Ruota di Gilberto Zorio irradia la sua luce sul laghetto di Italia '61. Una specialissima galleria d’arte all’aperto, testimone di vari generi artistici, trasformerà, dunque, Torino per i prossimi mesi nella città più luminosa e brillante d’Italia.

Per saperne di più
Il video di Luci d’artista 2010/2011
Il pieghevole di Luci d’artista
Vedi anche
L’edizione 2009 di Luci d’artista

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Daniel Buren, Tappeto volante – Luci d’artista, Torino; [fig. 2] Richi Ferrero, Bwindi Light Masks – Luci d’artista, Torino; [fig. 3 e fig. 4] Carlo Bernardini, Cristallizzazione sospesa – Luci d’artista, Torino; [fig. 5] Luigi Mainolfi, Luì e l’arte di andare nel bosco – Luci d’artista, Torino; [fig. 6] Luigi Nervo, Vento solare – Luci d’artista, Torino.

Informazioni utili Luci d’artista – XIII edizione. Sedi varie – Torino. Visite guidate: dal 13 novembre 2010 all’8 gennaio 2011, il sabato pomeriggio, alle ore 17.00, si tiene Passeggiate sotto le luci, servizio visita guidata in lingua italiana e francese; il costo della visita è di euro 8,00 per l’intero, euro 6,50 per il ridotto ed è gratuito per i bambini fino ai 12 anni. City Sightseeing bus: tutti i giorni, dalle 10.00 alle 16.00; tutti i week-end e i giorni festivi è prevista una corsa supplementare alle ore 18.00 con commentario specifico su Luci d’artista; il servizio costa euro 15,00 per l’intero, € 7,50 per il ridotto (riservato a bambini dai 5 ai 15 anni) ed euro 45,00 per il pacchetto family. Ingresso libero. Infoline: Turismo Torino e provincia, tel. 011.535181. Sito web: www.contemporarytorinopiemonte.it. Dal 3 novembre 2010 al 16 gennaio 2011 e dal 17 marzo 2011 alla fine di giugno 2011.


martedì 2 novembre 2010

«Quel che il teatro deve a Pirandello», se ne parla ad Agrigento

«Fingiamo d’abbracciare con un solo colpo d’occhio l’intera storia del teatro italiano ponendo il nostro punto di vista molto sopra delle nuvole, come se questa storia fosse una regione del pianeta generale del teatro. Emergeranno tre picchi: la Commedia dell’arte, l’opera lirica e Pirandello. Sono i tre teatri per cui l’Italia è nota nel mondo [...]». Così Ferdinando Taviani, nel suo libro Uomini di scena, uomini di libro. Introduzione alla letteratura teatrale italiana del Novecento (Il Mulino, Bologna 1995), spiega il debito che la drammaturgia contemporanea ha nei confronti dell’autore di Così è (se vi pare).
Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934, ha lasciato pagine illuminanti sulla crisi di valori dell’uomo contemporaneo e sulle inquietudini che animano la sua mente, ma ha anche esercitato un’indiscussa azione di rinnovamento del racconto drammaturgico e della prassi scenica.
«Per la via dell’umorismo, cioè del riso che nasconde una pena profonda, nonché dell’analisi interiore del personaggio» -spiega Enzo Lauretta, presidente del Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento- Pirandello ha, di fatto, innovato la vecchia e stanca scena ottocentesca», dove erano dominanti l’enfasi declamatoria dell’attore e gli intrecci leggeri e mondani di tradizione francese, proponendo un «teatro di idee». Un teatro che pone problemi, che fa riflettere sulla vita «nuda», cioè senza la maschera dell’ipocrisia e delle convenzioni sociale. Un teatro che fa proprio il tema della frammentazione dell’io e dell’incomunicabilità con l’altro, ma nel quale, malgrado i presupposti, i protagonisti non si arrendono mai, non si acquietano al «giuoco delle parti» che sono costretti a vivere.
L’apice di questo nuovo modo di intendere la scrittura e la rappresentazione scenica è raggiunto dalla trilogia del «teatro nel teatro», della quale fanno parte i Sei personaggi in cerca d'autore (1921/1925), Ciascuno a modo suo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1928-1929). Non meno importante per capire la novità portate dallo scrittore agrigentino nel mondo teatrale è il dramma incompiuto I giganti della montagna (1933), nel quale è racchiuso il senso di inconciliabilità tra il mondo e l’arte. Luigi Pirandello scardina le regole del dramma borghese, eliminando la «quarta parete» di diterotiana memoria (ossia il muro immaginario che sta tra gli spettatori e gli attori) e dando al pubblico un ruolo attivo all’interno dello spettacolo. Alla sua lezione guardano molti protagonisti della scena teatrale contemporanea, come ha ben delineato il critico americano Robert Brustein in The Theatre of Revolt-An approach to the modern drama (1964).
«Nell’angoscia esistenziale, -spiega Stefano Milioto, consigliere delegato del Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento- Pirandello anticipa Jean-Paul Sartre e Albert Camus; nella disintegrazione della personalità e dell’emarginazione dell’uomo, Samuel Beckett; nel conflitto della parola, teoria, concetti e opinioni correnti, Eugène Ionesco; nel contrasto verità-illusione, Eugene O’ Neil e, più tardi, Harold Pinter ed Edward Albee; negli esperimenti teatrali, diversi drammaturghi sperimentali, inclusi Thornton Wilder e Jack Gelbert; nell’uso dell’interscambio fra attori e personaggi, Jean Anouilh; nella visione del contrasto maschera pubblica e vita privata, Jean Giraudoux; nella concezione dell’uomo come individuo teatrale, Jean Genet».
Tutte queste significative influenze, che hanno portato la critica a definire il drammaturgo agrigentino il più «seminativo» del nostro tempo, verranno analizzate nel 47° Convegno internazionale di studi pirandelliani, dal titolo Quel che il teatro deve a Luigi Pirandello. L’appuntamento, in programma da lunedì 6 a mercoledì 8 dicembre al Palacongressi di Agrigento, vedrà la partecipazione di quasi un migliaio di studiosi tra allievi, professori e presidi delle scuole secondarie di secondo grado, docenti universitari, critici, giornalisti ed esperti pirandelliani. Sette le nazioni europee ed extra-europee rappresentate, dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Polonia al Canada.
Il convegno, del quale le edizioni Metauro di Pesaro hanno già pubblicato gli atti, permetterà di analizzare come e quanto il teatro internazionale si sia nutrito della «linfa pirandelliana» attraverso un percorso per exempla, che spazierà dai rapporti col Futurismo a quelli con autori italiani come Ugo Betti, Rosso di San Secondo, Eduardo De Filippo, Anton Giulio Bragaglia, Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori, passando per l’analisi delle influenze nei Paesi stranieri: in Gran Bretagna con Harold Pinter, negli Stati Uniti con il Living Theatre, in Polonia con Witold Gombrowicz. Tra i relatori che saliranno in cattedra, si segnalano, tra l’altro, le presenze di Roberto Alonge (docente di Teatro rinascimentale e di Laboratorio di scrittura drammaturgica all’Università degli studi di Torino), di Paola Daniela Giovanelli (professore di Letteratura italiana all’Università di Bologna), di Paolo Puppa (ordinario di Storia del teatro e dello spettacolo all’ateneo di Venezia), di Fabio Pierangeli (professore di Letteratura di viaggio e letteratura teatrale italiana all’Università degli studi di Roma Tor Vergata), di Roberto Tessari (professore di Drammaturgia teatrale e di Teatro del Novecento all’Università degli studi di Torino) e di Claudio Vicentini (ordinario di Storia del teatro e dello spettacolo all'Università L'Orientale di Napoli).
Tutte le serate del convegno (nel quale sono previste anche visite guidate alla Casa natale di Pirandello e alla Valle dei Templi) verranno chiuse da momenti di spettacolo. Lunedì 6 dicembre, il Teatro della Fede di Grottaglie presenterà Le favole dei «Giganti», per la regia di Alfredo Traversa. Martedì 7 sarà possibile assistere all’VIII Rassegna internazionale del cortometraggio e all’azione scenica Il volto e l’anima del gruppo teatrale del Liceo scientifico Volterra di Ciampino. Mercoledì 8 si terrà la consegna dei Premi Pirandello 2010 e, a seguire, la rappresentazione dello spettacolo Sei personaggi in cerca d’autore, che vedrà calcare le assi del palcoscenico gli attori del teatro Sociale di Busto Arsizio.
Ancora una volta, dunque, Agrigento si appresta a ospitare un importante evento culturale teso a tenere aggiornata la critica sull’opera di Luigi Pirandello, promuovendo nuove letture e analisi. Un lavoro, questo, che il Centro nazionale studi pirandelliani non smette mai di fare durante tutto l’anno, organizzando anche incontri in altre città italiane e lavorando alacremente a contatto con le scuole secondarie di secondo grado di tutta Italia. Prova ne è il fatto che si sta già pensando al convegno in cantiere per il dicembre 2011, dal titolo Quel che il cinema deve a Pirandello, coinvolgendo i giovanissimi nella realizzazione di tesine e cortometraggi.

Didascalie immagini
[fig. 1] Luigi Pirandello in chiave pop; [fig. 2] Veduta del Palacongressi di Agrigento, durante un Convegno internazionale di studi pirandelliani; [fig. 3] Enzo Lauretta, presidente del Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento. Foto: Silvia Consolmagno; [fig. 4] Stefano Milioto, consigliere delegato del Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento; [fig. 5] Una scena dello spettacolo Sogno, ma forse no, presentato dal teatro Sociale di Busto Arsizio al 45° Convegno internazionale di studi pirandelliani (dicembre 2008); [fig. 6] Una scena dello spettacolo Cecè,
presentato dal teatro Sociale di Busto Arsizio al 46° Convegno internazionale di studi pirandelliani (dicembre 2009).

Informazioni
Quel che il teatro deve a Luigi Pirandello. Palacongressi, viale Leonardo Sciascia – Villaggio Mosè / Agrigento. Dal 5 all'8 dicembre 2010. Informazioni: Centro nazionale di studi pirandelliani, vicolo Santa Lucia, 1 - Agrigento, tel. 0922.29052. Sito internet: www.cnsp.it.